UNA PREMESSA
Siamo un gruppo di lavoro e ricerca del Forum Nazionale per l’Educazione Musicale che ha avviato uno studio sull’uso distorto, equivoco e molto diffuso del termine «propedeutica musicale» o peggio ancora «propedeutica alla musica».
Nell’accezione dominante con questo termine si intendono tutte quelle attività orientate ad un successivo studio strumentale, poiché si tende ad identificare l’educazione musicale con la tecnica strumentale e si considera ciò che viene prima un’attività esclusivamente preparatoria. Noi pensiamo invece che tutte le pratiche educativo musicali che coinvolgono anche il corpo, la voce, l’ascolto, i sensi, lo strumentario didattico debbano avere una valenza intrinseca, anche in tenera età.
Scarica qui il documento in pdf
FARE MUSICA QUI ED ORA
Come scrive Carlo Delfrati: «Idealmente, ogni allievo deve sempre trovare in quello che sta facendo in quel momento la ragione sufficiente del fare. È in questo significato che il concetto di propedeuticità diventa rischioso. Perché quello di cui ho bisogno, io alunno, è di fare le cose per l’importanza che hanno per me in questo momento della vita, non per una probabile, ma più spesso improbabile importanza nel futuro.»
Tutti noi siamo impegnati a fare didattica ed educazione musicale a tutto tondo, con bambine/i ed adulti, praticando percorsi in cui c’è contemporaneità dell’atto preparatorio e di quello che verrà dopo, con una azione musicale e artistica in sé.
In questo senso l’attenzione al ‘qui ed ora’ esplicita l’essere insegnante nel rispetto dei tempi e dei modi di apprendimento dell’allievo/a e del gruppo con cui si opera; delle età in relazione alle competenze di ingresso e alle modalità espressive, neuromotorie e psichiche; dei bisogni e delle risorse dell’allievo/a o del gruppo nella costruzione di un percorso di apprendimento; della attenzione ai materiali proposti.
Il musicista è chi fa musica qui e ora, ne ricava piacere e lo condivide con altri.
MUSICA, MUSICHE E MUSICISTI
Si può fare musica anche cantando, praticando la body-percussion e tutte le attività musicali legate alla danza e all’espressione motoria, senza obbligatoriamente usare uno strumento.
Iniziare a fare musica non significa solamente imparare a leggere e ad eseguire, ma, attraverso un’esperienza diretta e attiva all’interno di ambienti di apprendimento favorevoli, significa esplorare, manipolare, creare, inventare, produrre codici di trasformazione segno-suono, emozionare ed emozionarsi.
La tecnica è una conseguenza del fare musica e non un fine; è uno strumento di espressione e comunicazione delle proprie emozioni e dei propri pensieri. Come nella lingua parlata, più vocaboli e costruzioni sintattiche si conoscono, più si è in grado di esprimere esattamente quello che si prova e si pensa.
«Educare a» invece di «istruire» rispetta i diversi individui, le diverse personalità, le diverse età, bisogni e competenze.
«La concreta esperienza deve avere un valore in sé per il discente nel momento in cui la vive, deve essere vissuta per un traguardo presente. Esistere per un traguardo solo virtuale non è il suo precipuo scopo» Carlo Delfrati
CHE COSA PROPONIAMO
- Aprire un confronto sul tema con tutti i colleghi e le associazioni che si occupano di didattica musicale.
- Impegnarci a non usare più il termine «propedeutica musicale», invitando tutti a farlo, e immaginare nuovi termini, semplici ma significativi, come ad esempio «MUSICA PER»: Musica per lo zerosei, Musica per la scuola primaria, Musica per la terza età e altri
Gruppo di lavoro e ricerca sulla prima didattica
Luca Anghinoni, Laura Fermanelli, Checco Galtieri, Simone Magnoni, Marzia Mencarelli, Ciro Paduano, Lorella Perugia, Valerio Semprevivo.
Buongiorno a tutti! Da 25 anni mi occupo di Educazione al suono e alla musica nelle scuole dell’infanzia, primarie e medie. Concordo pienamente il vostro pensiero. Da questo novembre sono docente tutor presso il Conservatorio di Sassari per promuovere musica e inclusione. La musica è di tutti. La musica è per tutti. Un canale preferenziale per esprimere il nostro io più profondo. Cordiali saluti a tutti voi. Daniela Fadda
Interessante!
Condivido la spiegazione . Credo comunque la definizione Propedeutica musicale racchiuda tutto il percorso che viene fatto sulla conoscenza della musica, a seconda dell’età, partendo dalla conoscenza sensoriale e del se e del mondo che ci circonda per poi passare alla musica che “si fa” e non passivamente viene ascoltata…..è una definizione che racchiude un insegnamento spesso personalizzato a seconda del bagaglio culturale di chi insegna. Credo che in Italia siamo molto indietro in fatto di insegnamento di educazione musicale (termine che a me piace di piu) e che nella scuola latita da sempre salvo alcuni Direttori didattici lungimiranti e preparati!!!! Trovo comunque più assurdo L’insegnamento nei licei musicali, quando i ragazzi sono già grandi, e non iniziare la conoscenza della musica nella scuola dell’infanzia, dove l’età è molto più giusta…..è un discorso più complesso,che non si può riassumere in poche righe. Grazie comunque per l’attenzione che ne date.
Ho letto la vostra lettera che condivido pienamente, è come leggere un libro a scuola per formare lettori per la vita e non per la “verifica” del contenuto. Insegno musica alla Primaria, i centro molto la mia attività sul ritmo, utilizzo la body percussion e il movimento e i bambini ne sono entusiasti.
Salve, bel pensiero che condivido, meglio utilizzare termini giusti ed appropriati. Buona idea utilizzare MUSICA PER… sarebbe un buon modo per far avviare e conoscere il mondo dei suoni diverse fasce do età, far comprendere che fruire della musica fa bene a mente e corpo a prescindere che poi si possa o meno diventare musicista essa va ad influire al benessere psicofisico di tutti.
Credo da sempre che la dicotomia fra “Educazione musicale” e l’insegnamento dello strumento impedisce di dare corpo alla materia. Pare come se, chi insegna la Musica (laddove la si insegni realmente) abbia la possibilità di contestualizzare in modo interdisciplinare la materia, arricchirla di mille sfumature, che siano esse storiche, artistiche, letterarie o altro, di elaborare progetti dalle svariate forme, in modo da stimolare la curiosità e l’entusiasmo dei ragazzi.
L’educazione allo strumento, invece, nella maggior parte dei casi, diventa puro trasferimento di tecnicismi, per arrivare, nel migliore dei casi, a virtuosismi. Lo vedo come un “ammaestramento”, tante volte svogliato, di un allievo che ripete, grazie alle sue abilità o talento, pedissequamente ciò che viene imposto dall’insegnante per lo più interessato ai propri concerti piuttosto che ai progressi del discente.
A mio parere, si dovrebbe trovare una formula che coniugasse le due forme educative, arricchendo così la sensibilità e le conoscenze, in modo piacevole e di ricerca.
Ottima iniziativa che condivido profondamente. È vero che “le parole cambiano il pensiero” ma sono anche il frutto del pensiero. Molto meglio parlare di Musica per… Grazie per il vostro impegno
Carissimi, grazie per il sintetico ed efficace documento. Da quando insegno nei corsi di Didattica della Musica (da molto tempo!) ho sempre sostenuto l’inadeguatezza del termine. Se può essere utile inserite pure il mio nominativo . Un caro saluto . Emanuele
Sono del parere che, e questo non solo nell’ambito dell’educazione musicale, la parola propedeutica fa pensare a qualcosa di preparatorio per esprimersi in futuro. Direi che invece, a qualsiasi età, siamo qui ed ora ed è necessario attivare quel canale comunicativo espressivo da subito, non tra qualche tempo. Ricordo di aver partecipato ad un concorso per insegnare propedeutica musicale e nel tema scrissi, prendendo spunto da un articolo di D. Bartolini sulla necessità di rivedere la dicitura propedeutica musicale; articolo che era apparso su Musica Domani.
Sono perfettamente d accordo su tutto quanto ho letto e mi congratulo con questo gruppo di lavoro.
L ho provato sulla mia pelle da piccola e su alcuni miei scolari da grande. La cosiddetta PROPEDEUTICA MUSICALE ,
purtroppo ,allontana da questa meravigliosa arte, in quanto troppo noiosa e pretenziosa, anziché avvicinare con gioia e gratificazione tutti coloro che desiderano farlo….a qualunque età!!!!!
Buongiorno, sono d’accordissimo.
Farò altrettanto
Grazie per la condivisione. Siamo pienamente d’accordo su tutto quanto approfondito nel Forum. Aldo Lombardo, direttore Scuola di musica Kandinskij di Palermo
Educazione alla musica… Musica da Fare‼️
Finalmente! Non mi è mai piaciuta questa espressione e neanche il fatto che occorre leggere le note. Si può fare musica anche senza il pentagramma!
Non ho mai pensato di definire gli steps progressivi della didattica musicale con denominazioni specifiche, in quanto la musica è una sola a tutti i livelli didattici, ed è eseguibile con ogni mezzo espressivo.
Sia il principiante che il professionista, sebbene siano su livelli differenti, sono coinvolti in una unica disciplina musicale il cui limite tracciato è soltanto soggettivo.
Per quanto mi riguarda, la definizione musica è perfetta.
Sono d’accordo. Mi impegno. Le parole cambiano il pensiero
Concordo, con un unica precisazione: propedeutica non è solo un termine usato nella musica ma anche in altre firme espressive. Il fatto che gli educatori musicali se ne siano impossessati nel tempo non li rende autorizzati, e mi ci metto anch’io, ad abusare di tale termine
Grazie per queste riflessioni che condivido pienamente.
Da anni mi occupo, insieme ai colleghi della scuola di musica, proprio di questo ambito, di tutto ciò che è GIÀ musica anche senza la diretta pratica strumentale.
La nostra scuola a Novara, Scuola di Musica Dedalo, da tempo si è allineata con questa visione sostituendo la parola propedeutica con altre diciture. Ad esempio i nostri laboratori per i più piccoli si chiamano ” Il mio primo concerto 0 – 3 anni” “SonOro – bimbi in musica 3 – 5 anni”.
Nelle scuole portiamo il progetto “Musica in classe”.
Tutto per trasmettere la nostra filosofia e sensibilizzare famiglie e docenti proprio su questi aspetti che condividiamo pienamente: la musica come un linguaggio di suoni, emozioni e relazioni.
È un lavoro culturale e di informazione, c’è ancora molto da fare ma camminando insieme lo stiamo GIÀ facendo! È GIÀ MUSICA!
Grazie al Forum per questo prezioso lavoro!
Aggingerei un termine: “imparare a capire la musica e il suo linguaggio”
nella nostra società manca la cosa fondamentale, l’educazione all’ascolto, non abbiamo bisogno di creare strumentisti ma dobbiamo creare gli ascoltatori, gli strumentisti nascono di conseguenza.
Sono molto d’accordo con questa proposta e mi riconosco negli intenti e negli obiettivi espressi dai musicisti sulle musiche e nelle propositive educative. Mi è capitato di usare questo termine che trovo anche dal suono davvero poco musicale. Mi correggerò.
Considero la “lettera aperta” sulla ‘Propedeutica musicale non propriamente ben impostata e argomentata, oltre che (per altri versi) forse un po’ tardiva.
In data 30 novembre 2014 (otto anni fa!), infatti, per conto del DDM-GO (allora tra i soggetti aderenti), avevo inviato alla lista del Forum il messaggio e le riflessioni di cui riporto in calce alcuni stralci. Punto di partenza era la discussione attorno al concetto di “apprendimento pratico della musica” che (forse con certa leggerezza) era divenuto emblema del “Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica”. Concetto però talvolta scambiato con la locuzione “musica pratica”, di tutt’altro significato.
Per completezza d’informazione, a quanto scritto allora aggiungo qui oggi che la dicitura “Propedeutica musicale” si ritrova in realtà anche tra i codici meccanografici (N200) dell’allora Ministero dell’Istruzione, oltre che nell’Ordinanza Ministeriale 28 Marzo 1985 recante “Iscrizioni, scrutini ed esami nei Conservatori di Musica e nelle Accademie di Belle Arti”.
Forse, prima di dire “No grazie”, si dovrebbe meglio documentare anche storicamente il ricorso che, nel tempo, è stato fatto della definizione.
Se è vero (e concordo), come evidenziato nella lettera aperta del Forum, che “Le parole cambiano il pensiero”, allora a maggior ragione si dovrebbe prestare molta attenzione prima di mettere mano appunto alle parole stesse, ovvero, come direbbe Carofiglio, di “manometterle”.
Roberto Neulichedl
———–
[Lettera al Forum del 30 novembre 2014]
Gentilissime/i,
come DDM-GO condividiamo l’esigenza di una maggior consapevolezza rispetto alla ricchezza di esperienze che si possono celare dietro il concetto di “apprendimento pratico della musica”.
Concetto che non può e non deve rimanere schiacciato in via esclusiva tra l’idea di una pratica strumentale iper codificata (esclusivamente “strumentale” in senso tradizionale) e, per conto, un’idea di “acculturazione musicale” incentrata sul predominio dell’ascolto quale fatto intellettuale maggiormente carico di aspetti e prospettive aventi valore pienamente culturale. Una contrapposizione che come DDM-GO abbiamo sempre ritento fuorviante e dannosa. […]
[… vi è quindi] l’esigenza di:
1) individuare forse una denominazione più efficace per delineare l’insieme di attività definite sin qui di “propedeutica musicale” che tengono assieme una molteplicità di aspetti (non ultima proprio l’attenzione verso un ascolto attivo)
2) fare circolare le buone pratiche di tali attività “propedeutiche”, in modo da consentire a una vasta platea di prenderne visione (e ascolto) onde evitare che se ne abbia una vaga idea (magari basata su luoghi comuni, quali i soliti “flautini” stonati ecc.).
Per il secondo punto immagino si tratti di individuare uno spazio web disposto a ospitare almeno una prima ordinata serie di link alla relativa documentazione (previa selezione e classificazione condivisa).
Meno semplice risulta invece, forse, affrontare il primo punto.
Pur non avendo una proposta concreta di definizione che possa soddisfare tutti gli aspetti sopra descritti, concordo con il fatto che sia importante iniziare almeno a discutere i concetti che vi stanno alla base.
A tal fine, per gli interessati, aggiungo in calce alcune personali riflessioni. […]
—————————-
Riflessioni sul concetto di “propedeutica”
Da qualche decennio si tenta di trovare una definizione alternativa al concetto di “propedeutica” in campo musicale, espressione che (lo dice il termine stesso) rimanda ad altro, in quanto “prodromica/funzionale a…”.
La presenza della ‘propedeutica musicale’ in alcuni Conservatori, per esempio, si è effettivamente fatta strada proprio in quanto potenziale “vivaio” funzionale alla prosecuzione della formazione strumentale in prospettiva più specialistica (anche se non necessariamente professionalizzante). Ma tale esperienza ha anche aperto le porte a pratiche didattiche innovative, innervate dei migliori insegnamenti della pedagogia (generale e musicale) sviluppatasi in particolare sin dall’inizio del secolo scorso.
Si trattava (e si tratta ancor oggi) perlopiù di pratiche musicali vocali e strumentali diffuse e di base, composte da un mix di ingredienti in grado di qualificare un’esperienza musicale anche di tipo strumentale, oltre che vocale:esplorazione/espressione con voce e con diversi strumenti; sviluppo dell’orecchio; pratiche con strumentario Orff; ascolto attivo; invenzione e creatività musicale, improvvisazione e composizione di gruppo; rapporto con gesto, movimento, parola e – in senso lato – con la dimensione “teatrale” del fare musica; rapporto (non in ultimo, ovviamente) con il segno visivo secondo varie forme di rappresentazione notazionale (analogiche, informali, oltre che tradizionali ecc.).
Tutto ciò avrebbe potuto anche qualificarsi forse con il termine “alfabetizzazione musicale di base”, non fosse che tale definizione poteva risultare fuorviante qualora assunta in chiave restrittiva (considerata la tradizione degli studi musicali in Italia), ossia nell’ottica dell’apprendimento della musica in rapporto quasi esclusivo con (se non funzionale a) la “notazione musicale” della tradizione occidentale. Il problema era, insomma, evitare che la ricchezza delle esperienze di cui sopra fosse ridotta a mera pratica del “solfeggio” (magari solo un po’ edulcorata), trascurando, anche sotto il profilo della semiografia, la ricchezza segnica ereditata sempre dal Novecento, rispetto alla quale (per citare un caso) l’opera editoriale della Rote Reihe (Universal Edition http://www.universaledition.com/noten-und-mehr/sonstiges/schulmusik/rote-reihe/) aveva già felicemente investito sin dagli anni ’60.
La ‘propedeutica musicale’ ha peraltro rappresentato (e rappresenta) un alto momento di sintesi di aspetti metodologici legati alle innovazioni pedagogiche del Novecento: prima fra tutte (per citarne una) l’idea di “scuola attiva” (cui si aggiunge, certo, l’importanza di un approccio motivato, globale, attento alla complessità – vs linearità – e all’importanza centrale dell’interdisciplinarità ecc.).
A ben vedere, la stessa denominazione del Comitato per l’apprendimento pratico della musica rinvia implicitamente più a un tratto metodologico (pratico = attivo) che non al mezzo mediante il quale tale apprendimento si può realizzare (pratico = strumento). Un concetto questo che più volte si è cercato di evidenziare all’interno del Comitato e di cui vi è anche traccia nelle linee guida del DM8 (vedi ad es. § “1. Introduzione, premesse terminologiche e principi metodologico-didattici”).
Se spostiamo invece lo sguardo verso le migliori “pratiche didattiche musicali” nella scuola dell’obbligo, vediamo come tali pratiche, pur condividendo principi metodologici di fondo con la “propedeutica” di cui sopra, rimangono tuttavia estranee all’essere “introduttive a” qualcosa, se non alla musica stessa. In tal senso, in tali contesti, l’idea di “propedeutica musicale” costituirebbe di fatto un ossimoro.
Altra espressione circolante che ha una certa attinenza con il campo esperienziale considerato è la “formazione musicale di base” (peraltro già origine di fraintendimenti qui, nel Forum, in relazione al suo esplicito richiamo nel DDL 1365 a firma Ferrara et altri). Con tale locuzione, tuttavia, in virtù della legge di riforma dei Conservatori (Legge 508/1999), è stata designata di fatto tutta la formazione per lo più strumentale antecedente (quindi di nuovo “propedeutica”) all’Alta Formazione Musicale (ossia all’AFAM). Si tratta di certo di una accezione assunta in modo riduttivo (forse da rivedere), ma che in attesa di sua disambiguazione è bene usare con cautela.
Di qui, credo, l’esigenza di una nuova definizione che meglio sappia restituire non solo la natura di tali attività, ma anche la loro “vocazione” (finalità, funzionalità).
Tra tali finalità/vocazioni, infine, vi è senza dubbio anche il “fare musica assieme”, ossia la musica vissuta quale “spazio esperienziale collettivo condiviso” in cui si elaborano in modo forse peculiare i fondamentali concetti di spazio e tempo. Un ambito quindi di elaborazione del pensiero che potremmo definire al contempo potenzialmente non solo musicale ma anche pre e post/musicale (ossia quale spazio in cui si organizzano gli apprendimenti fondamentali di qualsiasi tipo di “pensiero musicale” (anche a livello cognitivo e meta-cognitivo). Ma questo “fare musica assieme” deve oggi fare i conti anche con la connotazione che sta via via assumendo alla luce della diffusione sempre più massiccia e pervasiva – e talvolta acritica – di pratiche di musica d’insieme di tipo orchestrale, con particolare riferimento sempre più frequentante (anche qui in Italia) al “Sistema” delle orchestre venezuelane e al loro portato sociale oltre che musicale in senso strettamente artistico. Una tendenza questa che, se non bene contestualizzata e criticamente considerata, per quanto eccezionalmente formativa rischia di produrre un appiattimento dei potenziali offerti dall’esperienza musicale nel suo insieme.
Per tutte queste ragioni mi pare che il dibattito su questo vasto tema sia di estrema importanza e urgenza.
[roberto neulichedl]